Il dottor Chris Freeman dell’università del Galles ha condotto una ricerca che ha messo in luce come “Le riserve di carbone delle torbiere nel mondo si stiano svuotando ad una velocità preoccupante”. Al vaglio anche della Commissione Europea, questi studi hanno evidenziato la necessità di porre maggiore attenzione allo sfruttamento delle torbiere. La torba infatti, essendo composta di sola sostanza organica, una volta esposta all’aria finisce col decomporsi, liberando anidride carbonica (CO2); per questo motivo l’attività di estrazione della stessa ha subito delle restrizioni in molte zone. A questo punto si rende necessario iniziare a ripristinare quei terreni, laddove non siano stati più proficuamente destinati all’utilizzo agricolo o ad altri settori di produzione. Secondo quanto riportato dal Centro britannico di Ecologia ed Idrologia la superficie mondiale coperta da torbiere è circa il 3%, ma questa sarebbe in grado di immobilizzare la stessa quantità di sostanza organica di tutta la vegetazione presente sulla terra. Si è stimato infine che, dimezzando la profondità di drenaggio nella superficie mondiale a torbiera (pari a 250.000 Kmq), si ridurrebbe la decomposizione aerobica della torba e le conseguenti emissioni di CO2 di 500 milioni di tonnellate/anno.

In funzione di questa criticità, la floricoltura si sta indirizzando sempre di più verso una progressiva riduzione di utilizzo di torba a favore di compost trattati ad alta temperatura. La fibra di legno è al momento uno dei composti organici più utilizzati in tal senso ed opportunamente miscelata può produrre ottimi risultati nel processo di coltivazione.

L’attuale tendenza all’utilizzo di materie prime alternative alla torba nel settore dei substrati per la coltura in vaso vede in forte espansione anche la fibra di cocco, altro composto organico che, grazie alle sue caratteristiche, si presta egregiamente allo scopo, assoluto o in miscela. Deve tuttavia essere chiaro come l’utilizzo di questi materiali alternativi nei substrati di coltivazione non sia esente da criticità per le aziende di produzione. Ad esempio la fibra di cocco, risorsa rinnovabile ad impatto ambientale estremamente contenuto, prodotta per lo più in Asia, presenta caratteristiche molto diverse a seconda della provenienza e della tecnica di lavorazione. Allo stesso modo, la fibra di legno presenta una maggiore instabilità delle caratteristiche chimico-fisiche rispetto alla torba tradizionale, ciò comporta per le aziende di produzione la necessità di effettuare opportune prove di coltivazione, prima di passare stabilmente all’utilizzo di materiali alternativi alla torba.

Nell’ottica di un equilibrio sostenibile tra impiego di materie prime e impatto ambientale, il Consorzio Copraval utilizza circa il 20% di fibra di legno o fibra di cocco in ogni substrato di coltivazione. Questo risultato, tuttavia, può essere considerato solo un punto di partenza verso una floricoltura sempre più green nell’ambito di un’economia circolare, la sola che potrà salvare il pianeta.

 

 

 

 

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